Mobbing dal Datore di Lavoro o da Colleghi

Con il termine mobbing si vuole individuare quella tecnica posta in essere dal datore di lavoro o da colleghi al fine di sollecitare un allontanamento volontario del lavoratore dal posto di lavoro.

 

Il lavoratore, sia esso dipendente pubblico o privato, si trova ad affrontare tutta una serie di disagi psicologici e morali nello svolgimento delle proprie mansioni.

Il più delle volte il lavoratore viene dequalificato, viene applicato a svolgere compiti marginali, viene discriminato dai propri colleghi, viene additato come capro espiatorio, fino a trovarsi isolato rispetto al contesto lavorativo e privato degli strumenti necessari per svolgere la propria attività

Per poter identificare il mobbing è necessario che l’attività posta in essere nel luogo di lavoro sia finalizzata all’allontanamento del lavoratore dal contesto lavorativo, nonché siano identificabili delle conseguenze fisiche, psicologiche ormai consolidate (stress lavorativo, disadattamento lavorativo, disturbi psichici accertabili mediante consulenza medica).

Al fine di individuare una condotta mobizzante, inoltre, è necessario dimostrare che i singoli comportamenti o episodi siano tutti riconducibili ad un disegno unitario al fine di espellere il lavoratore.

In caso di accertamento del mobbing il lavoratore avrà diritto al risarcimento dei danni sia biologici che morali che dovranno essere di volta in volta quantificati in base alle risultanze mediche i primi, ed in base alle prove i secondi.

Nel caso in cui non si dovesse ravvisare il mobbing nel comportamento unitario posto in essere nell’ambito del luogo di lavoro, si potrà sempre verificare se i singoli atteggiamenti assunti dal datore di lavoro o dai colleghi sono censurabili al fine di chiedere un risarcimento dei danni (cfr. Cass. 18927/2012 in news “Se il lavoratore chiede il risarcimento del danno patito alla propria integrità psicofisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore e dei colleghi di natura asseritamente vessatoria, il giudice del merito, pur nell’accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi e quindi della configurabilità del mobbing, è tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili alla responsabilità del datore”.